Terapie riabilitative

Chi ha paura della terapia?

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Hai mai pensato di ricorrere a un percorso psicologico per tuo figlio?

Talvolta questa soluzione spaventa i genitori, ma se ciò accade è spesso a causa di una mancanza di informazioni che, diversamente, chiariscono gli scopi, gli obiettivi e le modalità attraverso cui lo specialista o L’Equipe operano. Alcune domande

 possono sembrare banali o sciocche o inopportune e talvolta il genitore è restio a chiedere nel dettaglio allo specialista rassicurazioni.

Lo specialista tuttavia, psicologo o logopedista, è formato per rispondere a tutte le tue domande e dubbi, anche i più particolari, senza giudizio.

Perchè il primo appuntamento appuntamento avviene senza mio figlio?

Lo psicologo svolge un primo colloquio con entrambi i genitori per comprendere la difficoltà che la famiglia sta attraversando, i dubbi e le paure dei genitori, e che tipo di aiuto si aspettano. Questo incontro può essere considerato un momento imprescindibile di valutazione anche grazie a domande specifiche sui sintomi o le difficoltà attuali, e sulla perinatalità e lo sviluppo del bambino, i tentativi di risoluzione già provati senza esito e lo stile educativo genitoriale.

Il coinvolgimento dei genitori e la totale fiducia e collaborazione con il terapeuta è ad oggi considerata la chiave per la risoluzione delle difficoltà, dato che queste ultime sono direttamente collegate alla gestione del problema da parte del genitore, oltre che alle caratteristiche del bambino.

Con la prima consulenza non si otterranno diagnosi o soluzioni ma, cosa ancor più importante, si gettano le basi per una positiva e virtuosa relazione terapeutica e si ricevono già alcuni spunti, riflessioni o strategie che possono essere messe in campo sin da subito.

I genitori si sentiranno compresi e appoggiati, più sereni e fiduciosi nell’avviso di un percorso che potrà essere impegnativo, breve o lungo, ma sicuramente positivo.

Perchè dovrei iniziare un percorso terapeutico e cosa succede se non lo faccio?

Troppo poco spesso ci viene posta questa domanda, ma con l’esperienza abbiamo imparato ad anticiparla e valorizzarla, informando il genitore circa gli effetti a breve e lungo termine del lavoro terapeutico e dei rischi del non intervenire in tempo o del non agire correttamente.

Se hai mai sentito parlare di “finestre di sviluppo” saprai che esistono dei momenti magici all’interno nel percorso di sviluppo del bambino, che, per essere precisi, durano fino all’età adulta.

Imparare a camminare, comunicare, parlare, leggere, fare i conti, disegnare, gestire le emozioni e moltissime altre…si tratta di abilità raffinate, specie specifiche, che vengono regolarmente apprese in un particolare momento della crescita

 a meno che non sussistano ostacoli allo sviluppo (genetici, neurobiologici, emotivi, relazionali, sociali, linguistici, fisici… ecc). Laddove il bambino incontra un ostacolo se non adeguatamente supportato può perdere l’occasione di apprendere quella abilità

 di dominio specifica prima che la finestra di apprendimento si chiuda, rendendo quindi molto più difficile l’acquisizione di quella tappa (ritardo dello sviluppo linguistico, emotivo, psicomotorio, di apprendimento, delle autonomie ecc…).

Troppo spesso ancora oggi le famiglie scelgono di non intraprendere i percorsi necessari al recupero delle difficoltà del bambino o delle proprie nella gestione del comportamento e delle emozioni dello stesso, andando così incontro a più seri problemi futuri (deficit nelle relazioni, problemi comportamentali, depressione, ansia, disturbi psichiatrici, abbandono scolastico, disturbi oppositivi e provocatori, bocciature e abusi) che purtroppo riscontriamo con i nostri studi empirici longitudinali

 in 15 anni di attività.

Altre volte, fortunatamente, fattori protettivi come un buon clima familiare, un alto quoziente intellettivo, buone competenze emotive, insegnanti competenti e un pizzico di fortuna stabilizzano o compensano la difficoltà iniziale.

Nulla a che vedere però con gli effetti positivi che si possono ottenere con la terapia o il potenziamento sul breve e lungo periodo, in quanto gli obiettivi ultimi dei percorsi specialistici sono la risoluzione delle difficoltà, l’espressione del potenziale, il benessere psicologico (gestione delle emozioni, abilità relazionali, autostima, motivazione…), il potenziamento delle abilità cognitive (attenzione, ascolto, memoria, funzioni esecutive…) e di apprendimento (linguaggio, comprensione, lettura, scrittura, calcolo..).

La figura dello psicologo specializzato in neuropsicologia dell’età evolutiva è l’unica figura in grado emettere diagnosi e effettuare percorsi terapeutici completi e a 360 gradi, finalizzati alla prevenzione, la consulenza e il sostegno genitoriale

(anche nel dialogo con gli insegnanti) quindi terapie altamente personalizzate mirate al benessere globale del bambino sia dal punto di vista emotivo che cognitivo, adattivo, comportamentale e del sistema famiglia-scuola in generale.

Per quali difficoltà ci si rivolge allo psicologo infantile?

Gli ambiti di intervento comprendono bisogni emotivi, intellettivi, di apprendimento e metodo di studio, di linguaggio, comunicativi, relazionali o espressivi, e il miglior modo in cui il genitore o l’insegnante può intervenire efficacemente.

A volte si tratta di difficoltà transitorie, legate a tappe evolutive del ciclo di vita, ad esempio importanti cambiamenti, fisici, comportamentali ed emotivi, altre volte sfide quotidiane come la separazione da mamma e papà, l’inizio della scuola, il confronto con i pari, le prestazioni scolastiche o l’apprendimento di nuove regole.

In questi casi il bambino può cominciare a manifestare segni di disagio, che spesso non può essere espresso verbalmente e si manifesta prevalentemente a livello comportamentale, corporeo o con crisi di rabbia e pianto eccessivi. Altre volte ancora caratteristiche piuttosto stabili a cui far fronte, come nel caso di una disabilità o un disturbo neuropsicologico conclamato.

Se la situazione non è troppo drastica è utile un lavoro transitorio di sostegno psicologico con l’obiettivo di accompagnare il piccolo e la famiglia nel momento della difficoltà.

Se il disagio si trasforma in un disturbo importante, persistente e che interferisce con la vita quotidiana l’intervento più appropriato per ridurre i sintomi e aiutare l’espressione della crisi emotiva interna è la psicoterapia e/o un percorso di abilitazione neuropsicologica.

Si tratta di una psicoterapia specifica per l’età evolutiva, ossia per quel periodo dai 3 ai 18 anni, più comunemente chiamato infanzia ed adolescenza.

Quali strumenti utilizza il terapeuta durante la fase di psicodiagnosi e poi nel percorso?

Il dialogo, se necessario l’utilizzo di test appropriati, il disegno; ma lo strumento più importante e funzionale è il gioco.

Vorrei sottolineare che il bambino non va in terapia “per giocare “ intendendolo una perdita di tempo; bensì si tratta di gioco strutturato dal terapeuta che sostituisce il colloquio prettamente verbale e permette di accedere a vissuti emotivi

più o meno inconsci, spesso dolorosi o situazioni di crisi evolutiva, fornendo gli strumenti per crescere e migliorare.

A tale spazio segue sempre il colloquio con i genitori per migliorare anche il contesto extra terapeutico con soluzioni ad hoc per quel bambino e per la specifica situazione.

Centro psicologico e logopedico Milano 

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